guercino-suicidio-di-catoneÉmile Durkheim è stato uno dei padri fondatori della moderna sociologia oltreché  antropologo e storico. Particolarmente noto per un accurato studio sul suicidio evidenzia che il suicidio non è soltanto  un atto soggettivo imputabile all’infelicità personale ma un atto sociale in cui vengono coinvolte diverse variabili: la collettività, il territori, le tradizioni, perfino la crescita oltre che la ovvia crisi.

La rottura degli equilibri della società e gli sconvolgimenti dei suoi valori, sono per Durkheim motivo dell’atto assoluto, pure  ammettendo che vi possa essere una predisposizione psicologica di certi individui, il sociologo francese afferma che  la forza che determina il suicidio non è psicologica, bensì sociale e suddivide i modi di suicidio in quattro tipi:

  • il suicidio egoistico si verifica a causa di una carenza di integrazione sociale. Durkheim aveva analizzato le categorie di persone che si suicidano, e aveva notato che in presenza di legami sociali forti (appartenenza a comunità religiose, matrimonio, ecc.) il tasso di suicidio è notevolmente ridotto, se non assente. Secondo Durkheim dunque, il suicidio di tipo egoistico è causato dalla solitudine con la quale l’individuo non integrato si trova a dover affrontare i problemi quotidiani.
  • il suicidio altruistico si ha quando la persona è troppo inserita nel tessuto sociale, al punto da suicidarsi per soddisfare l’imperativo sociale (ricordiamoci che per Durkheim è la società che crea gli individui, e non viceversa) come esempio c’è la vedova indiana che accetta di esser posta sul rogo che brucerà il corpo del defunto marito (Sati), o il comandante di una nave che sta per affondare, il quale decide di non salvarsi e di morire affogando insieme alla nave.
  • il suicidio anomico, tipico delle società moderne, sembra collegare il tasso dei suicidi con il ciclo economico: il numero dei suicidi aumenta nei periodi di sovrabbondanza come in quelli di depressione economica.
  • il suicidio fatalista, si verifica quando la vita di una persona è eccessivamente regolamentata, quando il futuro è bloccato senza pietà e le passioni soffocate violentemente da una disciplina oppressiva. È l’opposto del suicidio anomico e appare nelle società troppo opprimenti, cosa che comporta che la gente potrebbe arrivare a preferire di morire piuttosto che continuare a vivere in questo tipo di società. Un buon esempio potrebbe essere l’interno di una prigione; alcune persone potrebbero preferire morire che vivere in una prigione con l’abuso costante e un eccesso di regolamentazione che vieta loro di perseguire i loro desideri.

Durkheim afferma, sulla base delle sue ricerche e delle sue indagini sul tasso di mortalità-suicidio, che “ogni società, in ciascun momento della sua storia, ha una determinata tendenza al suicidio”, molto spesso da attribuire  alla divisione del lavoro, ovvero il farsi strada di differenze sempre più complesse e influenti tra le varie posizioni occupazionali. Pian piano, il lavoro viene considerato come il principale fondamento della coesione sociale, soppiantando la religione. Inoltre, con la divisione delle attività, gli individui diventano sempre più dipendenti gli uni dagli altri, ma non solidali.
Per quanto lo studio di Durkheim sia datato, oggi la sua teoria sociologica sembra più attuale che mai, la crisi economica e la globalizzazione delle relazioni umane in rete, hanno creato una comunità sociale che non vive più di legami solidaristici ma di un egoismo a volte spietato e negativo.

Ma al di là delle influenze della società, quali sono i motivi individuali che spingono una persona a suicidarsi?

I motivi più frequenti che portano al suicidio possono essere molto diversi.

La disperazione –La persona vive sentimenti contrastanti di amore/odio per se stesso o per l’oggetto delle sue attenzioni. Pensa al suicidio perché si sente disperata per la perdita di una caro o per una delusione avuta in un settore su cui aveva puntato molto.
La vendetta – Alcune volte il gesto del suicida denota un significato di vendetta per l’indifferenza o la cattiveria cui è stato oggetto. Egli non sentendosi amato e considerato dalle persone che lo circondano, ha vissuto sotto il peso insostenibile di tale freddezza.
Il ricongiungimento – Questo motivo, per quanto possa sembrare assurdo, riguarda molte persone che soffrono irrimediabilmente  per la perdita di una persona cara e il dolore sembra inconsolabile. Esse pensano di ricongiungersi con l’amato nell’aldilà.

Pensare alla morte include diversi profili di fragilità umana, e tra questi c’è anche chi vede la morte come un evento liberatorio e positivo.

La morte, per alcuni, viene intesa positivamente. La persona soffre e dunque comincia a prendere in considerazione l’idea di suicidarsi, come una possibile soluzione ai propri problemi ed al proprio dolore. Il suicidio viene visto come un’ultima via di fuga da percorrere nel caso che gli eventi e la propria situazione precipitasse. Ciò dà la possibilità d’iniziare ad immaginare la propria morte.

La morte, come suggerisce Emil Cioran in un noto aforisma, diventa il piano B, la via di fuga che dà speranza: “Vivo solo perché è in mio potere morire quando meglio mi sembrerà: senza l’idea del suicidio, mi sarei ucciso subito.”

Sigmund Freud ha definito il suicidio la manifestazione estrema della componente dell’istinto di morte e ancora, il pensiero filosofico rispetto al fine vita volontario, sostenuto da stoici, cinici, epicurei, esistenzialisti – lo ritiene un atto mediante il quale l’uomo afferma la propria volontà o coerenza.

Difficile, allora, dinanzi a qualsiasi suicidio, esprimere pareri definitivi e sicuri., troppe ed indecifrabili le ragioni che possono far precipitare il mal di vivere nella decisione di porre fine alla propria esistenza.


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