Padova, 5 giugno 2018. Di Marianna Martini*

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“Sto soffrendo, non sono malato”.

unione_mani_444x320Quando soffriamo per la perdita di una persona cara ci troviamo spesso soli, con l’apparenza che chi ci sta intorno ci eviti: non sanno cosa dire, cosa fare, quale posto occupare. Solo grazie a chi rimane, presenza silenziosa e mano che cura, ritroviamo la forza per rinascere a primavera.

Questo l’obiettivo che ci si pone con l’attuazione di gruppi di Auto Mutuo Aiuto (A.M.A). Secondo L’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) i gruppi di self-help sono “misure adottate da non professionisti per promuovere o recuperare la salute all’interno della comunità di appartenenza”.

Quale, dunque, il ruolo dello psicologo al suo interno?
Nella moderna visione tutti i partecipanti al gruppo sono considerati professionisti: lo psicologo è colui “esperto dei processi”, mentre la persona che vi partecipa, essendo portatrice di risorse, assume il ruolo di “esperto dei contenuti”.

L’intento dei gruppi A.M.A. è quindi quello di unire in un momento di difficoltà, ma soprattutto di cambiamento, persone accomunate da uno stesso minimo comun denominatore che presenta specifiche caratteristiche: forma verbale comune, stessi obiettivi e medesima ragion d’essere e di esistere del gruppo.
Nonostante la comunanza, ogni persona è portatrice di una propria e personale storia, da cui creare strategie ad hoc che nascono da un confronto acritico e non giudicante tra i partecipanti.

Il facilitatore, in questo caso lo psicologo, svolge un ruolo di grande responsabilità: quello di permettere alle dinamiche di gruppo di sconvolgere e perturbare i partecipanti in modo costruttivo e positivo. Egli facilita la comunicazione, tutela le dinamiche di gruppo ed è di aiuto nell’accoglienza di nuovi partecipanti e nei momenti di maggiore difficoltà.
Il gruppo non è un luogo di chiusura e isolamento da “gli altri che non ci capiscono”, ma un luogo protetto di apertura all’esterno, un cuscino su cui possiamo atterrare o riposare dopo aver portato al di fuori le strategie create all’interno.

L’obbiettivo finale, dunque, non è quello di risolvere ogni problema, ma imparare a vivere e aprirsi al mondo e agli altri nonostante i problemi.

“Il gruppo non estingue la sofferenza, ma permette di condividere il proprio peso e sentirlo via via più leggero”.

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Marianna Martini: La condivisione nell'elaborazione del lutto*Marianna Martini è Psicologa laureata all’Università degli Studi di Padova in Psicologia dello Sviluppo e dell’Educazione e Psicologia Cognitiva Applicata, è regolarmente iscritta all’Albo dell’Ordine degli psicologi del Veneto. Si occupa di gestione delle emozioni sia in età evolutiva che adulta con l’attuazione di percorsi individuali e di gruppo, collaborando con il comune di Padova per l’intervento nelle scuole. Segue privatamente bambini e ragazzi con disturbi specifici dell’apprendimento e disturbi dell’attenzione e iperattività, oltre che con bisogni educativi speciali. Dal 2016 è referente del progetto scuola di Telefono Azzurro per il gruppo di Padova con cui svolge attività di prevenzione (laboratori ed eventi informativi) sui temi del bullismo e sull’uso consapevole di internet. Dal 2018 è fautrice del progetto Amori 4.0 che si occupa di dipendenza affettiva, relazioni di coppia e amore digitale oltre le stereotipie di genere.

Svolge, inoltre, attività di supporto in caso di malattie oncologiche e/o degenerative, di sostegno nell’elaborazione di una perdita o un lutto con l’attuazione di gruppi di auto aiuto e seminari per diffondere la cultura del lutto. Organizza eventi volti a coniugare il mondo del web a quello, ancor poco raccontato, della morte e della perdita.

Ha pubblicato, in collaborazione con altri colleghi, un eBook dal titolo “Un Fiore Che Sboccia. Le basi scientifiche dell’educazione all’affettività e alla sessualità” [link] e il volume “Vivere bene si puó” (casa editrice Effatà).

Contatti: marianna.martini.2@gmail.com – cell: 3484922148


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