«In mancanza delle disposizioni anticipate di trattamento (DAT) la libertà del malato incosciente/incapace rimane ostaggio dei medici».

Riportiamo una nota dell’avvocato Enrico Bertrand Cattinari – membro del direttivo nazionale dell’associazione Libera Uscita – in merito all’articolo a firma di Gianpaolo Sarti, su La Stampa del 25 giugno 2019, del caso di un signore di 84 anni, Claudio De’ Manzano, che ha dovuto lasciare l’ospedale pubblico in cui era ricoverato, Neurologica–Stroke Unit di Cattinara (Trieste), perché i medici si opponevano alla richiesta dell’amministratore di sostegno (sua figlia) di sospendere le NIA (nutrizione, idratazione artificiali).

L’anziano signore ha così dovuto essere trasferito in una struttura privata per ottenere l’interruzione dei trattamenti. Infatti, in base al 5° comma dell’art. 3 della legge n. 219 del 22 dicembre 2017, nei casi in cui la persona non abbia manifestato la propria volontà con le DAT (dichiarazioni anticipate di trattamento), la decisione circa l’interruzione dei trattamenti, se non è avvallata dai medici, è rimessa al Giudice tutelare.

«La vicenda – dichiara l’avv. Bertrand Cattinari – se da un lato conferma l’importanza delle DAT per rendere certa e incontestabile la volontà della persona, dall’altro evidenzia una grave lacuna della legge sul consenso informato, che in spregio al principio d’uguaglianza, sancito dall’art. 3 della nostra Costituzione, tratta diversamente il malato che abbia steso le proprie volontà anticipate rispetto a quello che non vi abbia provveduto per tempo: il primo ha sempre diritto a ottenere la sospensione dei trattamenti, l’altro, solo se i medici vi acconsentono. E, i medici, se non vi acconsentono, possono/devono continuare le terapie – non volute e non richieste – fintanto che l’amministratore di sostegno (o il tutore) non ottiene il semaforo verde dal Giudice tutelare».

«Fintanto che il 5° comma dell’art. 3 della Legge n. 219/2017 non verrà modificato – prosegue Bertrand Cattinari – dando prevalenza al rappresentante legale della persona incosciente-incapace sull’eventuale veto dei sanitari, in assenza delle DAT, il malato resterà potenziale ostaggio del paternalismo medico, quand’anche travisato nelle moderne e più rispettabili vesti del rispetto della deontologia professionale e delle buone pratiche clinico assistenziali».


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